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Il manifesto per un'educazione diversa di Morin

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Manifesto per cambiare l’educazione: questo è il sottotitolo del libro "Insegnare a vivere" di Morin (disponibile su matacenalibri). Quest’opera si situa sulla linea di altri lavori che puntando decisamente sul nucleo di base delle opinioni di Morin e cioè che l’educazione (intesa in senso ampio) debba avere come obiettivo quello di insegnare la conoscenza della conoscenza.

Questa idea è stata espressa da Jean-Jaques Rousseau in L’Emilio. O dell’educazione (vedi la traduzione italiana ad opera di Laterza, Bari, 2006) e Morin la amplia indicando la necessità di lavorare sui temi attuali dell’incertezza, dell’errore, della parzialità e, in una parola, dei limiti della comprensione dell’uomo. Uno degli aspetti importanti per compiere tale passo è quello di andare oltre la logica binaria tradizionale comprendendo, nel proprio modo di vivere la vita, le contraddizioni e le complessità, ma anche affrontando il tema della conoscenza nell’ottica di una continua interpretazione del reale.

Critica all'educazione tradizionale

La critica all’educazione tradizionale passa attraverso il riconoscimento dei limiti dei canoni classici dell’istruzione (leggere, scrivere, far di conto), ma anche dei limiti tipici della trasmissione dei saperi accademici che risultano sempre separati e, pertanto, difficilmente inglobabili ed utilizzabili nel contesto della cultura generale. Le conoscenze parziali possono facilmente condurre a sottostare a rischi molto ampi e importanti, e la società di oggi emerge, appunto, come una società in cui diviene necessario abituarsi a convivere con una serie di rischi e di impossibilità di previsione. Come si può notare sono sufficienti queste poche note introduttive al testo di Morin per comprendere non solo l’attualità del lavoro, ma anche la sua applicabilità al ruolo manageriale e, in senso lato, alle condizioni di lavoro che si riscontrano con sempre maggiore frequenze in tutti gli ambienti professionali esposti al mercato e alla concorrenza.

Il secondo aspetto che tratta questo agile ma denso libro di Morin è la formazione, o meglio l’educazione, intesa per l’appunto in un senso molto generale e altrettanto globalmente indirizzata verso il conseguimento di ciò che potremmo indicare come lo stato della adultità. Una critica sottile ma importante è indirizzata verso la società tecno-economica che offre l’illusione di tutto poter controllare, mentre, al contrario, le aree al di fuori del nostro controllo divengono sempre più numerose. Ed ecco emergere la scansione dei cinque capitoli che compongono il testo.

Insegnare a vivere

Dal primo, intitolato Vivere! (da notare, con il punto esclamativo), si passa al capitolo centrato sulla comprensione attraverso l’analisi della crisi globale dei nostri giorni. La comprensione è scandita in comprensione intellettuale e comprensione cosiddetta umana, con un approfondimento sulle dinamiche dell’istruzione scolastica e delle relazioni che si attuano nel contesto insegnante-alunni e insegnanti-insegnanti.

Il quarto capitolo è dedicato al processo di conoscenza e alla dinamica dell’errore. È qui che si snodano le proposte per una vera e propria riforma del pensiero, contraddistinta da dodici punti-chiave e basata sulla constatazione che “il modo di pensiero o di conoscenza parcellare, compartimentato, monodisciplinare, quantificatore ci conduce a un’intelligenza cieca” (p. 71).

Il capitolo seguente, il quinto, apre lo sguardo verso l’essere umano e la società, mentre il tema dell’etica prende progressivamente spazio fino ad arrivare al capitolo conclusivo, dal titolo Rigenerare l’Eros: qui sono sintetizzati gli ultimi concetti del “ben-vivere”, sia per coloro che educano ed insegnano, sia per i discenti e i partecipanti alle sessioni educative. “La comprensione, la benevolenza, il riconoscimento permetteranno non solo un ‘miglior vivere’ nella relazione insegnante-insegnato, in ogni relazione d’autorità, in ogni relazione umana, ma anche di combattere il male morale più crudele, il più atroce che un essere umano possa fare a un altro essere umano: l’umiliazione” (p. 106).

 

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