“Una donna” di Sibilla Aleramo è il racconto della sua vita, che nasconde una complessità difficile da definirsi, in quanto apre uno spaccato vivido e intenso nel cuore della questione sociale relativa ai primi movimenti peroranti l’emancipazione femminile. Nonostante l'atteggiamento ambivalente della scrittrice, di distanza e vicinanza al tempo stesso verso le lotte sociali, lei stessa elabora una amara riflessione: “Tutti si accontentavano: mio marito, il dottore, mio padre, i socialisti come i preti, le vergini come le meretrici: ognuno portava la sua menzogna, rassegnatamente. Le rivolte individuali erano sterili o dannose: quelle collettive troppo deboli ancora, ridicole […] e incominciai a pensare se alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male sociale.”  Da questo momento in poi niente sarà più come prima: cambierà il rapporto col primo uomo in grado di plasmare il suo essere “donna”, ossia il padre, e anche con il marito. Il suo rapporto con gli uomini infatti si evolve, deteriorandosi progressivamente man mano che il punto di vista della narratrice va maturando configurandosi sotto prospettive femministe: “e credetti di non poter sopportare la sofferenza fisica di un tale spettacolo ripetentesi all’infinito … fu da allora che ho ripreso risolutamente a vivere; dopo aver sentito di nuovo gli altri vivere e soffrire. E da allora ho anche avuto il bisogno di sperare di nuovo: per tutti, se non per me”. Sibilla Aleramo, allora, si dedica all’ impegno sociale, all’ insegnamento e, soprattutto, porta a termine il progetto della sua vita, quello di scrivere “ il libro per il figlio”, come testamento spirituale e morale per lui quando sarebbe stato grande. “Una Donna” è appunto questo libro e si chiude con le parole: “Ed è per questo che scrissi. Le mie parole lo raggiungeranno”