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Pulizia di classe. Il massacro di Katyn

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La seconda guerra mondiale, nella sua dura e cruda complessità e atrocità, è fatta di tantissime storie nella Storia. La guerra, e i suoi fatti di sangue, dimostrano sempre che non c'è bene o non c'è pietà nei massacri e nelle mattanze di esseri umani. Non c'è un buono o un cattivo, c'è solo la paura, il dolore, lo sgomento, il disgusto in momenti storici in cui sembra più normale vedere negli uomini carne da macello, nemici da epurare, distruggere l'altrui dignità anche nella morte. La loro cancellazione totale.

Ci sono storie nella Storia e quella del massacro di Katyn è una di queste. Prende il nome dalla foresta di Katyn dove vennero massacrati gli ufficiali polacchi detenuti nel campo di prigionia di Kozielsk dopo la presa della Polonia da parte degli eserciti tedesco e sovietico. Si tratta di una sineddoche, perché il massacro di Katyn poi è stato utilizzato come termine più generale per indicare tutte le mattanze di prigionieri di guerra dei campi di Kozel'sk, Starobil's'k e Ostaškov e i detenuti delle prigioni della Bielorussia e Ucraina occidentali, non solo nella foresta di Katyń ma anche nelle prigioni di Kalinin, Char'kov e di altre città sovietiche. L'ordine partiva da Stalin.

In totale 21.857 polacchi persero la vita. Per anni Germania e URSS si sono rimbalzati la responsabilità del massacro in una battaglia che diventò politica e di propaganda. Questo fino al 1989 quando studiosi russi hanno sancito che l'ordine partì da Mosca. Al punto da portare Michail Gorbačëv a portare le sue scuse alla Polonia nel 1990. La conferma di quella verità arriva poi nel '92 con Eltsin che desecretò alcuni documenti che testimoniavano la responsabilità sovietica di quel massacro e anche alcuni aspetti del modus operandi

Nel tentativo di fare chiarezza in uno degli episodi più raccapriccianti e controversi della storia del '900, accogliamo questo saggio di Viktor Zaslavskij "Pulizia di classe. Il massacro di Katyń (il Mulino, 2006)". Zaslavskij, insegnante di Sociologia politica alla LUISS di Roma, ha contribuito, col suo breve saggio, a far conoscere al grande pubblico il crudele ed efferato omicidio di piú di 20.000 ufficiali polacchi da parte dell’esercito sovietico con un solo obiettivo: fare chiarezza. Obiettivo che è il fil rouge di 130 pagine di analisi lucida e ricostruzione storica maestrale.

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